Quanto avvenuto in Val di Sole – e ormai presente in tutto il Trentino occidentale – richiede un intervento risolutivo urgente che, data la gravità della situazione, obbliga a ripensare con oggettività alla gestione dei grandi carnivori nella nostra Provincia.
Leggo, tra le numerose, la dichiarazione della SAT rilasciata ai quotidiani “la storia dei Grandi Carnivori nelle nostre montagne ha improvvisamente raggiunto un punto di non ritorno per certi versi, che sottolinea tutta l’urgenza di ripensare il percorso di convivenza con queste specie, procedendo con obiettività e razionalità, guidati dalle evidenze scientifiche e lasciando da parte posizioni preconcette ed emozioni” e condivido il punto di non ritorno.
Da sempre ribadisco la necessità di trovare un modo giusto di convivere, riconoscendo ai grandi carnivori e tutti gli animali selvatici la possibilità di vivere e di convivere con l’uomo, ma quanto avvenuto costituisce il passaggio di una linea che richiede una nuova attenzione e una diversità d’azione e soprattutto soluzioni durature e definitive. Risulta evidente come in questo modo non è possibile andare avanti in quanto il numero di orsi in Trentino è ormai ben al di sopra di una gestibilità normale. All’inizio del progetto “Life Ursus” la popolazione intervistata in merito alla reintroduzione dell’orso, era per il 70% favorevole (ora, non ho dubbi, oltre il 90% darebbe parere negativo), ma lo stesso 70 non era stato informato di come poteva essere l’evoluzione di questo progetto. Probabilmente già allora e ancor prima quando si ipotizzava di intraprendere questo progetto bisognava evidenziare le conseguenze e i limiti che andava a creare questo percorso; inoltre andava fatta, da parte dei tecnici, una valutazione reale delle conseguenze sulla gestione e utilizzo dei nostri boschi, in primis dai residenti, dal mondo economico, allevatori e turismo del Trentino, dell’andamento delle nascite e della crescita della popolazione selvatica con conseguenti atti per il contenimento della specie.
Concordo anche con il parere dato da Messner sul fatto che “Gli orsi sono diventati troppi e purtroppo in questi giorni abbiamo visto che le preoccupazioni erano fondate”. Sempre secondo il famoso alpinista e profondo conoscitore della montagna “Bisogna trovare una soluzione, nel secolo scorso avevamo estinto gli orsi perché la cultura e l’economia contadina non poteva sopravvivere con la presenza di questi animali. Un tempo in queste valli c’erano molte meno persone e i contadini avevano più tempo per badare alla bestie, oggi non è più così, tra l’altro l’economia del Trentino oltre che agricola è turistica e nella nostra provincia l’ospite viene per le nostre montagne e per i nostri boschi …(acqua, aria, sentieri, funghi, frutti di bosco ecc. e non sicuramente per l’orso). Rispetto gli animalisti, ma devono capire che oltre a un certo limite non si può andare, non è più accettabile che ci siano persone che non vanno a funghi nel bosco perché hanno paura per la propria incolumità”.
Il Trentino, da sempre, possiede due ori, quello bianco e quello verde, due ricchezze inestimabili che ci appartengono e di cui ci prendiamo cura; è necessario quindi intervenire con decisione per ridare a tutti noi la possibilità di rivivere la montagna e i boschi senza che le nostre cittadine e i nostri cittadini abbiano paura di usufruire del grande patrimonio che abbiamo, sia che vi ci si rechi per lavoro – pensiamo a chi nel bosco e nelle sue vicinanze porta al pascolo i propri animali o gestisce malghe, ai boscaioli e agli apicoltori – o chi per svago o per turismo lo frequenti.
Parimenti, va fatta una considerazione sui danni causati dai grandi carnivori agli altri animali presenti – in particolare gli ungulati – i quali a causa delle continue predazioni e dato il crescente numero di orsi e lupi rischiano di subire un brusco calo; per fare un esempio, da quanto mi è stato raccontato, in Val Cadino la popolazione di cervi è passata in un paio di anni dai 70 ai 30 capi circa. Un altro campanello d’allarme. Di cui tenere conto debitamente.
Continuando nella riflessione non mi vergogno certo di dire che non si può, questo è il parere di molti e anche il mio, aver paura di poter passeggiare sul nostro territorio che, ricordo, è costituito prevalentemente da zone boschive. Noi trentini (e i nostri ospiti) consideriamo i boschi alla stregua di un prolungamento del nostro essere e vivere la montagna e il territorio che ci circonda.
Come già detto più volte bisogna avere il coraggio di intervenire prima che le attività tradizionali dei nostri monti vengano completamente snaturate e abbandonate a se stesse. Una volta abbandonata, è bene sempre ricordarlo, la montagna viene difficilmente curata e ripopolata.
Nella vicina Slovenia, sempre per fare un esempio, da tempo è aperta la caccia all’orso e quest’anno è stato deciso di abbattere ulteriori 290 capi oltre il solito numero assegnato; proprio prendendo spunto da loro occorre anche qui in Trentino gestire il problema dei grandi carnivori come si fa già per gli ungulati, ovvero stabilire un numero massimo e minimo di capi da abbattere durante l’anno e se ci sarà l’esigenza di esser costretti a liberare il nostro territorio dai grandi carnivori, come si fece nei primi anni del ventesimo secolo, andrà coraggiosamente valutato.
L’ho già affermato e lo ribadisco.
Ritengo che alcune considerazioni vadano in primis fatte dai tecnici e poi dalla politica, in quanto non dev’essere quest’ultima a fare le valutazioni scientifiche ma ad applicare, in base ai risultati emersi, le regole per poter poi vivere serenamente il territorio e in tutti i casi, come già esposto, alla politica spetta la sintesi fra la parte scientifica ma anche quella sociale delle consuetudini ed economica. Concordo infine, con quanto detto da Annibale Salsa in un suo recente editoriale: bisogna avere il coraggio di scegliere un MODELLO di montagna. Va pensato e perseguito un modello, ben sapendo che la coesistenza perfetta e in piena armonia tra uomini e grandi predatori appartiene alla sfera dell’utopia. E il Trentino, su questo e su altri temi ha invece bisogno di concretezza e certezze.
cons. Pietro De Godenz