cons. De Godenz: rifugi, simbolo di ripartenza

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Tra i molti e sentiti appelli degli scorsi giorni riferiti alla necessità di ripartire dopo l’emergenza Coronavirus che pare – ce lo auguriamo tutti – stia lentamente rientrando, mi ha davvero colpito l’intervento dei rifugisti e la telefonata ricevuta dal loro presidente, l’amico Angelo.
Gli stessi, infatti, come riportato dalla stampa, dopo essersi incontrati in videoconferenza e confrontati a fondo sul da farsi, hanno espresso la ferma volontà di risalire in montagna e riaprire i rifugi. Sanno benissimo, i rifugisti, i rischi ai quali vanno incontro: ritardi e difficoltà nell’ organizzazione delle strutture ricettive e del lavoro, spese aggiuntive per la predisposizione di nuovi presidi sanitari e di distanziamento che certamente saranno necessarie nella fase-2 e in quelle successive e, su tutto, l’incognita di non poter sapere come reagiranno i turisti e mercati turistici una volta ottenuta la possibilità di muoversi nuovamente.
Tuttavia – e ciò è sicuramente ammirevole e, a mio avviso, da supportare anche a livello provinciale con la previsione e la concessione a brevissimo di specifici contributi, sia agevolati per piccoli interventi strutturali, sia a fondo perduto magari legati al numero di dipendenti, come del resto andrà fatto per tutto il settore turistico ricettivo trentino- la maggioranza dei rifugisti non vuole mollare ma, anzi, tornare a fare ciò che ha sempre fatto, seppur diversamente e a discapito del mero profitto: presidiare la montagna ed esserne valido e riconosciuto punto di riferimento.
Io appoggio fermamente questa loro volontà e intendo, anzi, ringraziarli, perché credo ci stiano indicando un ottimo viatico per il futuro.
Questa pandemia ha infatti cambiato il nostro presente e certamente cambierà il nostro avvenire come persone, lavoratori e turisti e, di rimando, come imprenditori turistici. È un dato di fatto, anche se forse non ce ne siamo ancora accorti fino in fondo, ma in tutto ciò gli spazi aperti delle nostre montagne e i vasti territori che circondano i nostri boschi, i sentieri, le strade forestali e i nostri rifugi possono certamente essere luoghi ideali dove riprendere, in contesto eccellente e sicuro, il nostro turismo;  Per il momento dovremmo evitare gli assembramenti di tantissime persone in poco spazio, la gestione velocissima, e spesso simile a una catena di montaggio, di code e grandi masse accalcate per entrare e uscire da bar, ristoranti e strutture e dovrà smettere, almeno per un po’, l’abitudine di rimanere per molto tempo fermi in un luogo e troppo vicini ad altre persone, elemento, questo, che porta a dover ripensare in gran parte l’organizzazione ricettiva e di ristorazione come oggi la conosciamo.
Le parole chiave, come del resto indicato anche dai rifugisti stessi, possono allora essere due: semplicità e lentezza.
Un approccio diverso alla montagna e allo stare in montagna, un modo meno elaborato e veloce di “consumarla” in favore di differenti percorsi per invece “viverla” e “sentirla”.
Dovremo essere aperti a smettere di portare le abitudini di ogni giorno sui monti – il servizio veloce stile self-sevice, il bagno subito libero, la pretesa del tagliolino perfettamente al dente a 3000 metri, tanto per fare alcuni esempi estremi, ma non troppo – sostituendole con azioni e gesti nuovi ma antichissimi per le genti delle nostre terre alpine: il passo lento, il silenzio, gli spostamenti in piccoli gruppi, il godere di cibi semplici da preparare, trasportare e mangiare fuori dal rifugio come il panino e il tagliere, accompagnati magari dal buon vino trentino – approfittiamo per spingere le filiere corte e i prodotti nostrani! -e dall’acqua naturale. Anche il dormire in quota, in quest’ottica, dovrà essere meno albergo e più baita con numeri ridotti ma esperienze non per questo meno appaganti. Sarà diverso, ma saremo ancora in montagna e con l’impegno e il lavoro di tutti, ognuno per la sua parte, potremo ripartire e stare ancora assieme apprezzando, e facendo apprezzare agli ospiti che torneranno e a i nuovi che arriveranno, il nostro Trentino, fantastico territorio nel quale viviamo e lavoriamo e del quale oggi dobbiamo, più che mai, prenderci cura. Solo così, dimostrando di aver capito e cambiando veramente, potremo davvero dire di avercela fatta. E in questo percorso i rifugisti trentini rappresentano di certo il miglior presidio della montagna che si possa desiderare.  Cons.Pietro De Godenz
fonte: quotidiano L’Adige del 22 aprile 2020