CONS. PASSAMANI: TERZO STATUTO, SERVE UN METODO

1443
FONTE: quotidiano Adige del 16 gennaio 2015

Il tema del Terzo Statuto di autonomia sta diventando sempre più centrale nel dibattito politico-istituzionale, ma allo stesso tempo coinvolge l’opinione pubblica con accenti quotidiani sulla stampa locale. Ritengo di grande interesse gli spunti offerti nei giorni scorsi dal Sottosegretario al Ministero per gli Affari regionali, Gianclaudio Bressa, e dal professor Pombeni; entrambi, infatti, evidenziano le criticità di un’eventuale accelerazione sul Terzo Statuto se questa non è accompagnata da una profonda analisi dei contenuti e da una visione di lungo periodo sull’assetto istituzionale che dovrà avere la Regione Trentino Alto Adige – Südtirol oltre che le due Province autonome di Trento e Bolzano.
Già, la Regione. Il lavoro principale da svolgere nelle prossime settimane dovrà essere focalizzato sul tema del ruolo della Regione e del rapporto di questa con le due Province autonome.

Superare questo che è diventato una sorta di «tabù» dovrebbe aiutarci a chiarire una volta per tutte la posizione dei cugini altoatesini su questo tema.
Non possiamo permetterci di concentrare il lavoro finalizzato al Terzo Statuto senza prima risolvere al nostro interno tutti i nodi rimasti da sciogliere perché rischieremmo di trovarci ad aprire un confronto molto delicato in quel di Roma (dove sappiamo non vi è una grande sensibilità e apertura nei confronti delle autonomie speciali) facendo emergere tensioni interne che alimenterebbero le ragioni di chi sta lavorando per omologare anche la nostra speciale Autonomia alle altre Regioni italiane.
È di ieri la notizia che, ancora una volta, il governo nazionale all’interno del disegno di legge costituzionale sul superamento del bicameralismo perfetto ha inserito, durante i lavori della commissione notturna, il «potere sostitutivo» dello Stato anche in riferimento alle due Province autonome di Trento e Bolzano; tale previsione, che di fatto era stata già sancita da una recente sentenza della Consulta, è indicativa di un clima che rende molto in salita la strada per l’approdo del Terzo Statuto di Autonomia nelle aule romane.
È giusto, dunque, riflettere anche sull’opportunità di chiudere velocemente la «pratica» relativa al nuovo Statuto, alla luce del fatto che colui che (oltre, ovviamente alla nostra delegazione parlamentare che mai come ora sta presidiando quotidianamente la nostra speciale Autonomia in quel di Roma) era di fatto il vero garante delle prerogative delle autonomie speciali – mi riferisco al presidente Giorgio Napolitano – si è dimesso dalla carica di presidente della Repubblica e anche le elezioni del nuovo Capo dello Stato saranno indicative, a seconda di chi assumerà tale incarico, di quale e quanto spazio potrà trovare un ragionamento sulla revisione del nostro Statuto.
Sono altresì convinto, comunque, dell’ineluttabilità di questo passaggio e della necessità assoluta di intavolare, magari all’interno di un contesto più ampio insieme alle altre autonomie speciali come suggerito dal sottosegretario Bressa, un dialogo costante e una vera e propria trattativa con il governo centrale allo scopo di «blindare» per lungo tempo la nostra autonomia.
Certo, in questo cruciale e storico passaggio avremo bisogno di tutti coloro che hanno a cuore il nostro territorio e che credono che le prerogative derivanti dal nostro Statuto siano un patrimonio prezioso da salvaguardare e rilanciare, senza farne una bandierina di parte, soprattutto evitando le strumentalizzazione demagogiche e populiste che anche in questa difficile situazione continuano ad imperversare e, allo stesso tempo, senza mai dimenticare che la generosità dimostrata negli ultimi anni con l’assunzione di responsabilità da parte di Trento e Bolzano per la compartecipazione al risanamento finanziario dello Stato attraverso l’Accordo di Milano prima e, più recentemente, con l’Accordo di Roma, non deve essere scambiata per un’apertura indiscriminata a salassi finanziari a discapito delle nostre Province.
Credo che il presidente Renzi, che si sta impegnando molto anche sui temi della meritocrazia e dei «buoni esempi da seguire», debba chiarire una volta per tutte la sua posizione nei confronti delle autonomie speciali – con la speranza che l’esperienza di questi anni lo abbia fatto ravvedere rispetto alle posizioni su questo tema espresse in uno dei suoi libri – e avere altresì il coraggio di indicare con forza chi ha saputo tradurre in modelli virtuosi di gestione della cosa pubblica, come appunto Trento e Bolzano, e chi invece, al contrario, dimostra che anche con un di più di risorse crea comunque voragini nei bilanci degli enti locali.
Bene fa, proprio in tal senso, il professor Pombeni nel suo editoriale ad affermare che «i miti costruiti alla buona su una storia passata non sono più sufficienti» e che «non possiamo arroccarci su posizioni volte alla sola difesa dei diritti acquisiti»; dobbiamo impegnarci a costruire una sensibilità diffusa volta a far conoscere e, possibilmente capire, le ragioni della nostra Speciale Autonomia.
Per fare questo, insomma, credo che la priorità assoluta vada individuata nel metodo: solo un percorso condiviso con tutti gli attori della «partita» potrà portare i risultati che tutti auspichiamo e per fare questo non dobbiamo farci prendere dalla frenesia ma, anzi, credo sia doveroso raccogliere lo spunto del sottosegretario Bressa che ben conosce la nostra Autonomia e allo stesso tempo respira quotidianamente, da un punto di vista privilegiato, l’aria dei «corridoi romani».

                                                                                                                                  cons. Gianpiero Passamani