Fa discutere il Piano di riorganizzazione del sistema scolastico trentino, che prevede il taglio di 25 istituti a partire dall’anno 2016-1017. Se lo stesso presidente Rossi ha ripetuto che il «dibattito è ancora in corso», dall’interno della maggioranza arriva il primo stop da parte dell’Upt, con l’assessore Gilmozzi e il consigliere De Godenz a mettere le mani avanti: «Finora è stata presentata una proposta tecnica, che va discussa». In Valsugana sono a rischio una materna e quattro elementari, ma gli amministratori non prevedono particolari disagi.
Come per la questione dei punti nascita, anche per quanto riguarda la chiusura delle piccole scuole – materne elementari e medie – secondo un piano di accorpamenti basato su parametri oggettivi (numero di alunni e distanze chilometriche), alle esigenze di costi e qualità del servizio viene contrapposta la salvaguardia di servizi primari – come sono sanità e scuola – nelle valli, ritenuti essenziali, anche nei piccoli paesi, per mantenere vive le comunità in questi territori.
Di conseguenza, l’annuncio del piano presentato dal governatore Ugo Rossi, che prevede la chiusura di 25 scuole, ha già scatenato una levata di scudi anche a livello politico, persino all’interno della stessa maggioranza. È l’Upt, nella coalizione di governo, la forza politica più critica, così come sulla chiusura dei punti nascita. L’assessore provinciale Mauro Gilmozzi mette subito le mani avanti: «Quella presentata è solo una proposta tecnica elaborata dagli uffici. Ora deve essere approfondita con gli amministratori, ma anche con i cittadini e gli insegnanti. La qualità di una scuola è rappresentata sempre da un mix di elementi, non solo dai numeri, e per una comunità la presenza di una scuola è un elemento importante, che va considerato per mantenere vivo un paese e dunque non si può cancellare a cuor leggero. Il mio auspicio è che si possano maturare delle scelte ponderate: la chiusura della scuola di Masi di Cavalese – conclude l’assessore che è stato anche sindaco del capoluogo della Val di Fiemme – è un paradosso». Il consigliere provinciale dell’Upt, Piero De Godenz , anch’egli della val di Fiemme, è ancora più scettico: «Io non sono d’accordo con la chiusura della scuola di Masi e per le altre scuole credo che ne dovremo discutere. Ogni 4-5 anni ritorna la discussione sugli accorpamenti. Era successo già con l’assessora Dalmaso, ma allora alla fine non si chiuse niente. Ora, penso che qualcosa andrà fatto ma valutando caso per caso, perché è vero che ci sono scuole dove gli alunni sono pochi perché i genitori preferiscono portare i bambini in altre scuole vicine, come da Daiano a Varena o da Pachià a Tesero».
Il capogruppo provinciale del Pd, Alessio Manica , condivide l’impostazione e lo scopo del piano anche se invita a valutare i singoli casi: «Se l’obiettivo primario è la qualità dell’educazione e poi l’efficienza del sistema è un percorso necessario. È altrettanto evidente che le valutazioni devono essere puntuali e non meccaniche magari sulla base del solo dato numerico».
Il capogruppo del Patt, Lorenzo Baratter , esorta a non fare il processo alle intenzioni: «Il presidente Rossi ha detto che nulla è deciso e che ogni scelta sarà ponderata con i territori. Il Patt non vuole togliere servizi primari alle valli ma piuttosto migliorarli attraverso un’offerta più qualificata e spendibile. Se razionalizzazione dovrà esserci in ambito scolastico sarà per aumentare il livello formativo e quindi la competitività dei nostri ragazzi».
Anche la presidente del consiglio regionale, l’autonomista Chiara Avanzo sta con Rossi: «La priorità è quella di garantire la qualità del servizio. Sono convinta che l’unione dei servizi non significhi toglierli, ma razionalizzare le spese in funzione della qualità, purché si rimanga nell’ambito territoriale di valle. Ovviamente va valutata ogni singola realtà e vanno studiate le soluzioni migliori. Non penso che le pluriclassi siano la soluzione ideale se non in casi di estrema necessità».
Giacomo Bezzi , consigliere provinciale di Forza Italia ed ex segretario del Patt, però polemizza proprio con i suoi ex compagni di partito: «Il Patt rinnega le sue battaglie storiche, che sono sempre state quelle per le scuole nei paesi e per la difesa degli ospedali periferici. Io mi ricordo le battaglie con Luigi Panizza. Ora viene detto e fatto tutto il contrario. Il Patt ha perso la bussola rispetto a quello che era. Continuando a chiudere e ad accorpare servizi nei paesi ne verrà snaturata la storia, perderemo il senso dei nostri campanili».
Anche Walter Viola (Progetto Trentino), vicepresidente del consiglio provinciale ne fa una questione di visione strategica sul futuro del Trentino: «Prima gli ospedali periferici, ora le scuole: ci sono varie politiche che nel solo nome della spending review e con una visione centralista, quella che poi rimproveriamo a Roma nei confronti della Provincia, stanno rischiando di creare un conflitto fra Trento e i territori che si sentono abbandonati. Il presidente Rossi – esorta Viola – ha detto che il piano va approvato entro ottobre io chiedo, vista la delicatezza della questione e che entrerà in vigore il prossimo anno scolastico, che venga dato più tempo per il confronto anche con insegnanti e genitori spostandone l’approvazione a gennaio-febbraio». Per il consigliere provinciale Filippo Degasperi (M5S) il dato macroscopito che salta agli occhi leggendo il piano è «la totale assenza di programmazione visto che ora si propone di chiudere scuole appena costruire o ristrutturate».